Scheda n°000026 dell'Apparecchio:
Magnadyne

Magnadyne mod. SW 5

Magnadyne mod. SW 5 Vista frontale
Magnadyne mod. SW 5 retro Vista posteriore
MARCAMagnadyne
MODELLOSW5
ANNO DI FABBRICAZIONE1930
TIPOLOGIA DEL MOBILEMobile da terra
TIPOLOGIA DI SCALAScala numerica a finestrella
NUMERO DI MATRICOLA23666
ALIMENTAZIONEA corrente alternata da rete
STRUTTURA CIRCUITALEReazione
GAMME D'ONDAOnde Medie
DIMENSIONI ESTERNE87x38x19
TIPO VALVOLE4: REN904, sconosciuta, C443 , 373
PREZZO DELL'EPOCAsconosciuto
CLASSE STORICAClassic (1931-1945)
CLASSE RARITA'
DOCUMENTI PRESENTIassenti
PUBBLICITA' DELL'EPOCApresente



Magnadyne

Magnadyne
La ditta individuale Magnadyne Radio fu fondata nel 1928 a Torino su iniziativa dell'ing. Mario Pesce assieme al signor Paolo Dequarti. L'oggetto della nuova società fu la costruzione di apparecchi radio, degli accumulatori elettrici e degli apparecchi frigoriferi. La sua sede legale venne fissata in via Sant'Ambrogio 8, nel quartiere torinese di Pozzo Strada. Al momento della sua costituzione, il numero di operai occupati era di sole 20 unità. Lo sviluppo dell'azienda fu rapido ed i suoi prodotti superarono nelle vendite sul mercato italiano, aziende di dimensioni maggiori come CGE, FIMI-Phonola, Philips e Radiomarelli. Il numero dei dipendenti occupati dalla ditta torinese arrivò a 300 unità nel 1936, e crebbe ulteriormente l'anno successivo, nel 1937, quando la ragione sociale fu trasformata in Magnadyne S.A.. Magnadyne, alla vigilia della Seconda guerra mondiale impiegava oltre 1.000 maestranze, e alla produzione dei radioricevitori e dei componenti elettronici si aggiunsero quelle delle autoradio e dei frigoriferi. Nel 1941, il socio Dequarti rilevò le quote della società appartenenti all'ingegner Pesce, divenendone così l'unico proprietario. Durante il secondo conflitto mondiale, lo stabilimento torinese di via Sant'Ambrogio fu completamente distrutto nel novembre 1942, da un bombardamento aereo, e per questa ragione, l'attività industriale fu sospesa per qualche mese e poi ripresa a Sant'Antonino di Susa, in un locale affittato dal Cotonificio Valle di Susa. Al termine del conflitto, la produzione, seppur in misura limitata, poté essere ripresa, con la realizzazione di componenti per radioricevitori. Nel 1948, di fronte a un rilancio delle vendite nel settore degli apparecchi radio, fu aperto a Torino un nuovo stabilimento in via Avellino 6, interamente dedicato alla produzione di componenti elettronici, dove fu trasferita anche la sede legale della società. Quattro anni più tardi, nel 1952, l'azienda avviò anche la produzione interna di valvole termoioniche. Poco dopo, nel 1955, la Magnadyne Radio cessò di esistere come società, e di conseguenza marchio e attività confluirono nella holding INFIN S.a.s. di Dequarti & C., costituita due anni prima a Friburgo. Detta società, divenuta nota come INFIN-Magnadyne, le sue attività furono diversificate con la produzione dei televisori, dei cinescopi e delle lavatrici, e dal 1961, dei transistor. Nel 1964, il Gruppo INFIN-Magnadyne contava circa 5.000 dipendenti e a partire da quell'anno accusò i primi segnali di crisi, dovuti principalmente all'aumento dei costi di produzione, al calo delle esportazioni e al calo delle vendite rateali degli apparecchi oltre la crisi di liquidità, debiti per 2 miliardi di lire, sospensione dei crediti, e blocco degli approvigionamenti di materiale da parte delle ditte subfornitrici. Nel gennaio 1971, Dequarti chiese l'ammissione alla procedura di amministrazione controllata. Nel novembre 1972, la sesta sezione fallimentare del Tribunale di Torino dichiarò fallita la INFIN, a causa del grave dissesto finanziario per il debito accumulato da INFIN che ammontava a ben 11 miliardi di lire.

Descrizione mod. SW 5

Descrizione mod. SW 5
Questo apparecchio è indubbiamente uno dei più belli di quella che fu la prima produzione Magnadyne; trattasi del raro modello SW5, prodotto dalla casa torinese tra la fine del 1930 ed il 1931. Sul finire del 1930, la Magnadyne presentò al pubblico una serie di apparecchi identificati dalle sigle “W” e “SW” seguiti da un numero e ciascuna sigla identificava una radio a cupola, una radio a cassettina metallica, mentre solo la sigla SW5 indicava un apparecchio a consolle, pur dalle ridotte dimensioni (90x46x20 cm). Il modello SW5 è molto raro, fino ad oggi ne ho censiti solo sette esemplari compreso il mio, questo fu dovuto indubbiamente per il prezzo (costava ben 1.200 lire nel 1930), considerato che il mercato offriva la possibilità di acquistare apparecchi simili per un prezzo decisamente più basso. In una pubblicità dell’epoca, a proposito dell’aspetto ebanistico si legge che: “Il Magnadyne SW5 viene fornito nelle tinte: noce chiaro cera, noce scuro cera, noce chiaro lucido, mogano lucido, nero lucido, per permettere di intonarlo in ogni luogo, con i mobili già esistenti”. Il mio esemplare è in noce scuro cera, ossia veniva trattato con una semplice lucidatura a cera dopo una tinteggiatura color noce scuro. Da notare il gradevolissimo contrasto tra il colore del legno e le rifiniture nere dei montanti, delle gambe e dei bordi che contornano sia le scale che il traforo (anch’esso nero) dell’altoparlante. Nella medesima pubblicità viene anche riportato che: “L’SW5 monta 4 valvole di cui due schermate ed una raddrizzatrice. Adattabilità a diverse tensioni. Altoparlante bilanciato a 4 poli. Tappo luce interno. Filtro per la stazione locale. Attacco per la riproduzione grammofonica. L’apparecchio, racchiuso in un elegante mobiletto accuratamente finito e verniciato, ha caratteristiche tecniche simili al modello SW4; il rendimento totale è stato però migliorato grazie al maggior spazio disponibile. L’apparecchio permette l’esclusione sicura della stazione locale e la ricezione pura e potente delle principali stazioni europee. Una delle principali doti di questo apparecchio è la qualità della riproduzione, assolutamente naturale. Ciò è stato ottenuto mediante l’impiego di un pentodo come valvola finale, il quale amplifica uniformemente tanto le note acute quanto le gravi, e di un altoparlante bilanciato la cui impedenza è appropriata a questa valvola”.
Tecnicamente appare curioso l’alloggiamento del telaio “sospeso”, ossia, sostenuto nel vuoto da due linguette in ferro collegate al mobile tramite una vite. Esso e rivettato frontalmente ad un pannellino in ferro verniciato ad effetto legno; visivamente è bellissimo, poiché sembra di trovarsi dinanzi ad un pannello di legno, invece, solo al tatto, si scopre trattarsi di lamiera. Una volta montato il telaio questo lamierino verniciato simil-legno apparirà parzialmente nelle tre aperture frontali ingannando la vista dell’utilizzatore. Il pannello dei comandi è caratterizzato dalle due manopole di sintonia delle due scale numeriche, al centro delle quali è posto il volume, mentre nella parte sottostante, in posizione più defilata vi è l’interruttore di accensione; lateralmente è posta la manopola per l’esclusione della stazione locale. L’apparecchio è dotato di un cavo di alimentazione lungo circa due metri e ciò si spiega con la leggerezza della radio che, avendo un peso scarsissimo, era agevole spostare nei saloni, in un ampio raggio rispetto alla posizione della presa elettrica. 
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